TESTO: “Il giornalista faccia il giornalista“. Appunto.
Cari Amici,
negli ultimi tempi mi sono arrivate da più parti alcune paterne - e un po’ ammiccanti - ammonizioni del tipo “i giornalisti facciano i giornalisti”.
Accolgo con umiltà assoluta il consiglio, dato che, da sempre, non ho mai voluto fare altro che il giornalista.
Infatti, il giornalista ha come unico obbligo quello di fornire ai lettori dati oggettivi, pareri differenti di persone qualificate, testimonianze, documenti e di ordinare tutto questo materiale secondo criteri logici, e ha anche l’obbligo di vagliare queste diverse fonti a seconda della loro credibilità. In un certo senso, anche il giornalista, come il prete, ha l’obbligo morale e deontologico di fornire la Verità, solo che la sua non è una verità di fede, ma una verità oggettiva, dimostrabile anche in un contesto laico.
Ecco perché il giornalista, che non è tenuto a dover condividere le proprie credenze personali, non può affidarsi fideisticamente a chi dice “ho visto la Madonna”, “me lo ha detto l’arcangelo Gabriele”, “io sono un profeta”, “la mistica Tal dei tali ha detto così e cosà…”, etc.
Non perché tali fonti per forza non siano reali, ma perché non sono oggettivamente dimostrabili.
Così come il giornalista non può affidarsi, per fare il punto sulle regole canoniche, all’ipse dixit di chi brandisce il proprio titolo di studio, o il proprio rango ecclesiastico, come se questo status lo ponesse al di sopra di fatti, documenti, regole e logica. Sacerdoti, canonisti, cardinali, hanno detto e fatto molte cose sbagliate, fino ad oggi, e non sono infallibili.
Il giornalista deve essere indipendente, non deve cercare l’audience, non deve prendersi cura pastoralmente dei suoi lettori, non deve prendere ordini da nessuno, né da laici, né da preti, altrimenti farebbe l’addetto stampa.
Un bravo giornalista vaglia con attenzione tutti gli spunti veritativi, anche dai lettori, così come raccoglie pareri differenti da specialisti e addetti ai lavori.
Un giornalista ha piena libertà di gestire le proprie conferenze ospitando chi e cosa vuole.
Inoltre non prende sul personale gli insulti, ma deve pretendere rispetto, lo stesso che per primo tributa agli altri, proprio perché ha una missione importante da svolgere a beneficio della comunità.
Il giornalista ha un unico obbligo: la ricerca della verità, e questa non può essere perseguita in altro modo che col metodo logico, così come in qualsiasi contesto dove gli esseri umani giungono a verità oggettive. Se il giornalista deve correggersi, lo fa esclusivamente sulla base di dimostrazioni logiche e documentate che gli vengono sottoposte. Ogni tanto può esprimere gusti e parere personali, a condizione che specifichi prima – e chiaramente - che si tratta di proprie opinioni. Il metodo logico-induttivo è inoltre uno strumento principe del suo lavoro.
Il giornalista Andrea Cionci vi ha posto di fronte a verità scomode, tipo che Bergoglio non è il papa. Ha rinunciato a molto, in termini di fatica, carriera e posizione, per illustrarvi questa sconvolgente verità che oggi comincia finalmente a essere sempre più condivisa. Forse, in futuro, vi porrà davanti altre scomode questioni, rigidamente documentate.
Cionci ha fatto il suo dovere di giornalista perché, se non lo avesse fatto, avrebbe bovinamente creduto al cardinale che dice che “Bergoglio è Gesù”, al canonista secondo il quale “munus e ministerium sono sinonimi”, all’arcivescovo per il quale “Ratzinger era eretico”, al teologo secondo il quale “Ubi Ecclesia, ibi Petrus”, al mistico rassegnato che aspetta l’invasione russo-islamica di Roma.
Cionci, sulle prime, non ha creduto nemmeno a papa Benedetto quando sosteneva che si era dimesso per l’insonnia: e questo gli ha permesso di indagare la tremenda questione dell’attentato da lui verosimilmente subìto.
Quindi, ognuno faccia il suo e si andrà tutti d’accordo perché il grande insegnamento di papa Benedetto è che fede e ragione non sono in conflitto, ma si supportano a vicenda.
di Andrea Cionci
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