La diga abbandonata 90 anni fa dopo il disastro di Molare - Esploriamo i resti e scopriamo le cause
Una tragedia italiana poco nota, definita come “il disastro di Molare“ è l’argomento di cui vogliamo parlarvi in questo video. In un posto isolato tra le colline nell’alta valle dell’Orba, sull’Appennino Ligure quasi al confine tra Liguria e Piemonte, si può ancora vedere la diga di Molare, che era parte di un vecchio impianto idroelettrico risalente agli anni ’20, senza dubbio molto interessante per la sua storia e le sue peculiarità. Siamo andati lassù per capire le cause del disastro ma anche per scoprire come funzionava il sistema idraulico, composto da 2 dighe, una lunga condotta in galleria e una centrale da CV.
In questo luogo selvaggio e isolato l’ing. Zunini verso la fine del 1800 iniziò a progettare un grande bacino, inizialmente con scopo di approvvigionamento idrico per la Liguria, poi diventato per utilizzo idroelettrico. Secondo i suoi studi, le rocce di questa vallata avevano ottime caratteristiche di impermeabilità perchè prive di fratture profonde, quindi era proprio il sito ideale per costruire un serbatoio.
Il progetto definitivo venne presentato nel settembre del 1906, e prevedeva lo sfruttamento a scopo idroelettrico del torrente Orba con una derivazione di 1000 litri al minuto da parte della Società delle Forze Idrauliche della Liguria, vincendo a fatica e dopo anni, la dura opposizione dei comuni di Molare e Ovada, che cedettero solo grazie alla promessa di forniture agevolate di energia elettrica. La prima concessione era motivata anche dalla necessità di soddisfare la richiesta di elettricità della ferrovia Genova-Ovada-Acqui Terme, ma decadde, e venne rilevata solo nel 1912 dalla Società Officine Elettriche Genovesi, che per mano dell’ing. Gianfranceschi apportò alcune varianti al progetto ottenendo una seconda concessione. Dopo un periodo di stallo dovuto allo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1921 ebbe inizio la costruzione delle opere.
Il progetto della SOEG prevedeva delle modifiche per rendere più produttivo l’impianto, tra cui una seconda diga presso sella Zerbino, lunga 110 metri e alta 14, ma quest’opera fu progettata e costruita in modo sbrigativo, senza adeguate indagini geologiche sulla qualità della roccia. Attraverso una galleria di 3 km e una condotta forzata, l’acqua avrebbe alimentato la centrale di Molare, posizionata più a valle lungo il corso del torrente Orba in località Cerreto, sfruttando un salto di 110 metri. Il nuovo impianto idroelettrico vantava una capacità produttiva di tutto rispetto per l’epoca, grazie alle 2 grandi turbine Francis della Riva accoppiate ad alternatori Ansaldo. La diga principale era molto particolare, del tipo a gravità con struttura mista in pietra e cemento. Era dotata di 12 sifoni al posto del normale ciglio sfiorante, un sistema ancora sperimentale, progettato dall’ingegnere tedesco Heyn, che lo brevettò appena nel 1927, due anni dopo l’ultimazione dei lavori.
Sul finire di un’estate particolarmente calda e avara di precipitazioni, nel corso della mattina del 13 agosto 1935 l’alta valle dell’Orba venne letteralmente inondata da un’enorme quantità d’acqua, addirittura il 30% della media annuale, facendo innalzare il lago di Ortiglieto in modo preoccupante. Alle 10 del mattino entrambe le dighe iniziarono a tracimare, con cascate violentissime sui paramenti. La massa liquida, cadendo irruente alla base dalla diga secondaria, iniziò ad erodere le rocce fragili su cui poggiava lo sbarramento, fino a provocarne il collasso, avvenuto di schianto poco prima delle . Il crollo spaventoso causò la fuoriuscita di 25 milioni di metri cubi d’acqua, che incanalandosi nel torrente, dopo aver distrutto la centrale, raggiunse Molare e Ovada. L’onda devastò intere borgate, distruggendo 80 case e uccidendo 111 persone, oltre a danneggiare gravemente strade, ponti e la ferrovia.
Dopo il disastro la vecchia diga fu abbandonata, mentre nel 1940 venne ricostruita la centrale, realizzando anche un nuovo sbarramento più basso, al fine di poter riattivare l’impianto idroelettrico, seppur con potenza dimezzata. Sul finire degli anni ’70 si iniziò a pensare al ripristino totale del grande lago di Ortiglieto, ricostruendo un nuova diga alta 55 m al posto di quella crollata presso Sella Zerbino e riattivando anche la vecchia diga modificandone gli scarichi. Purtroppo il progetto si arenò quasi subito a causa degli ingenti investimenti necessari. Durante la seconda guerra mondiale la vecchia diga di Bric Zerbino venne depredata di tutte le parti metalliche, e da quel momento risulta abbandonata a se stessa, in attesa di interventi di messa in sicurezza più volte promessi nell’ambito di un’auspicabile riqualificazione del sito.
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Credits info e foto: ; Accademia Urbense Ovada - 13 agosto 1935 il giorno della diga; Vittorio Bonaria - Il disastro di Molare in Valle Orba (in Geologia dell’Ambiente); rivista L’Energia Elettrica (1925, 1926)
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